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CATECHISMO DEGLI ADULTI

CATECHISMO DEGLI ADULTI
INDICE TEMATICO
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Catechismo degli Adulti

Verità 6-8 , 32 , 67 , 89 , 99 , 848 , 576-577 , 616 , 617 , 618 , 620-621 , 622-623 , 865 , 1233 , 888 , 912-917 , 1146 , 1149

Ricerca coraggiosa
[6] Abbiamo un’acuta consapevolezza della nostra libertà. Ma la libertà non è forse sterile se non persegue obiettivi degni dell’uomo? Non si riduce a un vano agitarsi davanti alla morte? Per essere davvero liberi, non dobbiamo forse cercare la verità e il bene?
CdA, 801
CONFRONTAVAI
[7] Nutriamo oggi un’alta considerazione per le scienze che ricercano e procurano un crescente dominio sui fenomeni naturali e sociali. Ma possono tali scienze indicare i fini a cui deve essere indirizzato il potere che ci mettono nelle mani? È ragionevole prestare attenzione solo a ciò che si può vedere e toccare, calcolare e controllare sperimentalmente? Non si lascia fuori così il nucleo centrale della propria e dell’altrui persona: la fiducia, l’amore, la bellezza, la bontà, la gioia, tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta?
[8]  Occorre liberarsi dai pregiudizi e dal conformismo; occorre essere sinceri e onesti con se stessi. È necessario prendere sul serio le grandi domande, che ognuno di noi si porta dentro
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 10.
: chi sono? da dove vengo? Dove sto andando? E ancora: la realtà è assurda o intelligibile? La vita è un dono, un destino cieco o un caso? perché questa sete che nessuna conquista riesce ad estinguere? che cosa posso sperare e che cosa devo fare? Se vengo dal nulla e vado verso il nulla, sembra che non ci sia nulla da sperare e nulla da fare, se non lasciarsi andare alla deriva. Se invece vengo dall’Amore infinito e vado verso l’Amore infinito, ecco che mi si apre davanti un cammino, difficile forse, ma pieno di significato.
«L’ordine del pensiero sta nel cominciare dal proprio io, dal proprio autore, dal proprio fine»
nota
B. Pascal, Pensieri, 146.
. Chi evita le domande fondamentali, fugge da se stesso. Chi dice: «Non c’è niente dopo la morte», sa di non averne alcuna prova e forse avverte un’angoscia inconfessata. Indifferenza, edonismo e attivismo non sono una soluzione, ma un’evasione irresponsabile.
«Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita» (Ap 22,17).
Verità sapienziale
[32]  Nell’universo siamo un granello di polvere, ma dotato di pensiero e di volontà, aperto al mistero infinito. Siamo una minuscola goccia, in cui però si riflette il cielo. Dio ci ha creati capaci di ricevere la sua comunicazione e ora ci offre «nelle cose create una perenne testimonianza di sé»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 3.
. Ci parla senza fare rumore, con il suo stesso operare
nota
Cf. San Tommaso d’Aquino, Commento alla seconda Lettera ai Corinzi, 1, 12.
.
Per udire Dio non basta essere intelligenti; bisogna avere il cuore ben disposto. La sua esistenza è una verità di carattere etico e sapienziale: non la si capisce soltanto, ma la si apprezza, la si accosta in modo appassionato. Può senz’altro essere conosciuta dalla ragione; ma la ragione viene resa disponibile alla ricerca e all’adesione solo quando assumiamo, con l’aiuto della grazia, un atteggiamento umile e rispettoso di meraviglia, fiducia e accoglienza.
Verità
[67]  Essendo parola di Dio, i libri della Bibbia ci comunicano la Verità che è Dio stesso. In quanto opera di autori umani, si esprimono però secondo modalità letterarie tipiche delle epoche storiche in cui furono composti e sono condizionati dalle conoscenze storiche e scientifiche di quei tempi. Dio non si rivela per rispondere ad interrogativi di storia o di scienza: la verità che comunica nella sua rivelazione ed assicura nella Sacra Scrittura è la verità che egli ci dona «per la nostra salvezza»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 11.
. Lette nella prospettiva della salvezza, le pagine della Bibbia sono realmente la verità della nostra vita; in questo senso in esse non c’è alcun errore.
Assenso
[89]  Allo stesso tempo la fede è assenso a un contenuto dottrinale. È conforme alla nostra dignità dar credito alle dichiarazioni e alle promesse di persone oneste; a maggior ragione si deve dar credito a quelle di Dio, che è la veracità stessa. Affidarsi a Dio significa aderire fermamente al suo messaggio, alla dottrina da lui rivelata e proposta autorevolmente in suo nome dalla Chiesa. La fede non è vago sentimento, né solo un impegno pratico; ha un contenuto di verità, che il credente deve conoscere sempre meglio
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 5-6.
.
CdA, 622-623
CONFRONTAVAI
Il catechismo
[99]  Una impostazione storico-salvifica e trinitaria ha anche questo catechismo, il quale vuole essere una esposizione diffusa di ciò che nel simbolo della fede è concentrato in poche parole. La sua linea di svolgimento può essere indicata con la formula “per Cristo nello Spirito al Padre”, modellata su espressioni analoghe del Nuovo Testamento, come: «Per mezzo di lui[Cristo]possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito» (Ef 2,18)
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 2.
. Questi ne sono i passaggi e le articolazioni principali: l’uomo, in cerca di significato per la sua vita, trova risposta nell’incontro con Cristo, dentro la Chiesa animata dallo Spirito Santo, dove rinasce come figlio di Dio, impegnato con gli altri nella storia e proteso alla vita eterna presso il Padre.
Tale prospettiva generale viene evocata dalla suggestiva parola di Gesù, scelta come titolo: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Cristo è «la verità» (Gv 14,6), perché è la rivelazione personale di Dio. Egli dona la libertà, cioè la vita autentica, piena di significato, dei figli di Dio, consapevoli di essere amati dal Padre, sottratti alla paura di perdersi, capaci di amare gli altri come fratelli. Cristo, rivelazione di Dio, è anche rivelazione e attuazione dell’uomo. Ciò nel testo comporta un’esposizione obiettiva, precisa e completa della verità e un’attenzione costante all’esistenza, al vissuto personale, ecclesiale e sociale.
La verità cristiana è evento di carità; è un avvenimento, al quale si è chiamati a partecipare. Il disegno divino della salvezza, incentrato in Cristo, si sta attuando in un cammino storico, che ha per origine, sostegno e meta la comunione trinitaria. Ognuno vi si inserisce secondo la misura dei doni ricevuti e della propria cooperazione. Le persone adulte sono chiamate a una fede adulta, cioè alimentata dall’ascolto assiduo della Parola, fortificata dalla preghiera e dai sacramenti e sviluppata in tutte le sue dimensioni: consapevole e motivata, coerente e operosa, comunitaria e missionaria, sollecita del mondo e rivolta alla meta definitiva.
Obbedienza filiale
[848]  «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Gesù Cristo ci porta la buona notizia che siamo amati da Dio e ci persuade interiormente con il dono dello Spirito Santo. Noi possiamo accogliere Dio come Padre e gli altri come fratelli; ci sentiamo liberi dalla solitudine e dall’ossessione del successo ad ogni costo; riusciamo ad accettare perfino le situazioni dolorose senza ribellarci, anzi benedicendo.
Lo Spirito ci fa guardare a Cristo come modello di vita; ci aiuta ad agire come lui in sintonia con la volontà del Padre, per poter diventare anche noi “amore”, come «Dio è amore» (1Gv 4,16). Ci fa comprendere che i comandamenti esprimono le esigenze autentiche della nostra crescita e promuovono il nostro vero bene. Ci dà la capacità di osservarli secondo l’antica promessa: «Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro;... perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e le mettano in pratica» (Ez 11,19-20). Ci porta ad osservarli non «per timore del castigo», come lo schiavo, non per «attrattiva della ricompensa», come il mercenario, ma «per il bene in se stesso e per l’amore di colui che comanda», come figli
nota
San Basilio di Cesarea,Regole maggiori, Prologo, 3.
. Costruisce personalità libere e responsabili, in un certo senso autonome.
CdA, 151-152
CONFRONTAVAI
Il cristianesimo compimento delle religioni
[576]  Verso Cristo e la sua Chiesa convergono le religioni del 13-278.png mondo, frutto di una ricerca millenaria, che procede «a tentoni» (At 17,27), ma è sostenuta da Dio stesso. Non sono vie di salvezza indipendenti, perché l’unica via è Cristo mediante la Chiesa; ma predispongono ad accogliere la pienezza di Cristo. Insieme a errori e deviazioni, contengono preziose verità, come germi del Verbo divino pronti a ulteriori sviluppi. Le stesse forme di umanesimo non credente presentano valori, che sono «come un dono concesso da colui che illumina ogni uomo, perché abbia finalmente la vita»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 16.
. L’incontro esplicito con il Signore Gesù nella comunità cristiana libera questi elementi positivi dalle incrostazioni dell’errore e del peccato e li porta a piena maturazione: «Ogni germe di bene che si trova nel cuore e nella mente degli uomini o nei riti e nelle culture proprie dei popoli» viene «purificato, elevato e portato a compimento»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 17; cf. Id., Ad gentes, 9.
dal cristianesimo. In colui che non è «venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17), tutti possono trovare «la pienezza della vita religiosa»
nota
Concilio Vaticano II, Nostra aetate, 2.
e morale. Valori, costumi e tradizioni, compatibili col vangelo, vengono accolti in una nuova sintesi culturale e vitale, acquistano un più alto significato
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 24.
.
CCC, 842-845
Proposta, non imposizione
[577]  La Chiesa, da parte sua, abbraccia come Cristo tutti gli uomini, compresi i suoi persecutori, perché «giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio» (1Pt 2,12). Intercede per tutti, offrendo preghiere e sofferenze. Si rivolge ai non cristiani con l’attività missionaria, affermando con coraggio e con chiarezza che Cristo è la rivelazione definitiva di Dio e l’unico Salvatore dell’uomo. Sa di aver ricevuto in dono questa verità, senza alcun merito proprio; ma si sente responsabile di essa e ne custodisce scrupolosamente l’integrità per il bene di tutti
nota
Cf. Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, 56.
. Fa il suo annuncio nel rispetto della libertà: Dio si propone, non si impone; la verità cristiana è la verità dell’amore ed esige che si rispettino i diritti e i beni degli altri, a cominciare dalla libertà di coscienza e di religione.
Infallibilità della Chiesa
[616]  La fede della Chiesa riconosce nella Scrittura la propria norma e ad essa si sente vincolata; tuttavia, come a suo tempo ne ha fissato il canone, l’elenco dei libri sacri, così in ogni epoca si sente autorizzata a interpretarla, perché sa di essere animata dal medesimo Spirito Santo, che ne è l’autore
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 12.
. Gesù si è impegnato ad accompagnare «fino alla fine del mondo» (Mt 28,20) gli annunciatori del vangelo, da lui stesso inviati, tanto che «chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,16); ha assicurato per sempre l’assistenza dello Spirito Paraclito, per condurre i discepoli «alla verità tutta intera» (Gv 16,13) e sostenere la loro testimonianza di fede. Perciò la Chiesa, fin dalle origini, è convinta di possedere questa presenza del Signore risorto e del suo Spirito, che fa di lei la «colonna» e il «sostegno della verità» (1Tm 3,15) e consente ai suoi pastori di guidare i fratelli «all’unità della fede e della conoscenza» (Ef 4,13) e di custodire inalterato il «deposito» (2Tm 1,14) della dottrina cristiana. Di fatto, pur avendo commesso errori in altri campi, mai si è contraddetta nella dottrina della fede, in mezzo a tanti sconvolgimenti storici.
[617] La verità è un dono che la Chiesa riceve dal Signore; non è motivo di vanto, ma di umile gratitudine e grave responsabilità. Gesù Cristo non si è limitato a parlare una volta per sempre nel lontano passato, ma riprende la stessa parola e l’attualizza incessantemente con la luce del suo Spirito, attraverso mediazioni umane. Non abbandona il suo messaggio alle fragili risorse della ricerca umana, ma garantisce e offre lui stesso, infallibilmente, la verità salvifica, come attraverso i sacramenti offre la grazia santificante, indipendentemente dalla dignità morale del ministro. Senza questa garanzia i credenti rischierebbero di smarrire l’oggettività e l’integrità della rivelazione; finirebbero per ridurre Dio alla misura della loro esperienza e per credere più a se stessi che a lui. È possibile essere cristiani solo ricevendo in dono la verità e la grazia che sono tra loro complementari.
Il comune senso della fede
[618]  «Dove è la Chiesa, lì è anche lo Spirito di Dio, e dove è lo Spirito di Dio è la Chiesa ed ogni grazia. E lo Spirito è la verità»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 3, 24, 1.
. Nella continuità della tradizione vivente, tutto il popolo di Dio - papa, vescovi, sacerdoti e laici - fa esperienza spirituale della Parola e, quando è concorde nel ritenere una verità come rivelata, «non può sbagliarsi nel credere»
nota
Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12.
, a motivo del comune senso della fede che gli è dato per grazia.
Il Magistero
[620]  Il collegio dei vescovi, presieduto dal papa, ha l’ufficio di garantire 14-295.pngla tradizione autentica della fede e di guidare il popolo dei credenti; per questo ha ricevuto in modo speciale «il carisma sicuro della verità»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4, 26, 2.
e non può sbagliare quando è unanime nell’insegnare la verità rivelata, sia che si trovi disperso su tutta la terra, sia che si trovi solennemente riunito in concilio ecumenico
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 25.
.
Il papa per volontà di Cristo deve confermare i fratelli ed essere “roccia” di sostegno per la Chiesa; perciò è infallibile anche da solo, quando come maestro universale della fede definisce la dottrina da credere.
CCC, 888-892CdA, 60
CONFRONTAVAI
[621]  Accanto all’insegnamento definitivo e infallibile, vi è un 14-296.pnginsegnamento ordinario non definitivo del papa e dei vescovi in materia di fede e di agire morale, che ha lo scopo di guidare il popolo di Dio verso una profonda comprensione e una coerente prassi cristiana. Anche questo insegnamento ordinario non definitivo gode di una particolare assistenza divina. Esige un assenso interiore, non però un’adesione totale di fede come il precedente.
Sacra Scrittura, Tradizione, magistero dei vescovi e del papa sono congiunti insieme «sotto l’azione del medesimo Spirito Santo»
nota
Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
. Il Magistero è l’interprete autentico posto a servizio della Scrittura e della Tradizione: piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone la verità di Dio contenuta in esse
nota
Cf. Concilio Vaticano II, Dei Verbum, 10.
.
Le formule dogmatiche
[622]  Nel procedere della storia, davanti a situazioni e a problemi sempre nuovi, la Chiesa deve ripensare e riformulare continuamente la sua dottrina, proprio per rimanere fedele al messaggio originario, sperimentarne la fecondità, comprenderne altri aspetti. A quest’opera incessante di ricerca e di interpretazione contribuiscono il magistero dei pastori, lo studio dei teologi e la fede di tutti. In alcuni momenti si avverte la necessità, o almeno l’opportunità di nuove formule di fede, per riassumere il nucleo centrale del messaggio di salvezza o per precisarne qualche aspetto. Si fissano così i dogmi della Chiesa, non come aggiunte indebite alla parola di Dio, ma come interpretazioni ufficiali e infallibili di essa, punti sicuri di riferimento per poter proseguire il cammino verso una comprensione sempre più ricca del mistero vivo e inesauribile, senza deviazioni, tentennamenti e ricadute all’indietro. I dogmi sono offerta efficace di verità, come i sacramenti sono offerta efficace di grazia. È vero che l’atto di fede «non si ferma all’enunciato, ma raggiunge la realtà»
nota
San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 1, a. 2 ad 2.
. Tuttavia è il linguaggio che indica la realtà e orienta la fede nella giusta direzione.
CdA, 306
CONFRONTAVAI
[623]  Le formule, vere e garantite dall’infallibilità, sono indispensabili, perché vi sia «una sola fede» (Ef 4,5) e un’autentica comunità di credenti e di testimoni. L’unità del pensiero e il comune linguaggio sono a servizio della comunicazione e condivisione della fede.
Per il carisma della verità, che le viene dal Signore risorto e dal suo Spirito, «ricevuto il messaggio della fede, la Chiesa, benché sparsa in tutto il mondo, lo conserva fedelmente come se abitasse una sola casa; vi crede concordemente come se avesse una sola anima e un solo cuore; e con armonia perfetta lo predica, lo insegna e lo trasmette come se avesse una sola bocca»
nota
Sant’Ireneo di Lione, Contro le eresie, 1, 10, 1-2.
.
Gesù nostra via
[865]  Gli atteggiamenti indicati dalle beatitudini tracciano la via cristiana alla felicità; in definitiva si riassumono nell’affidarsi totalmente all’amore di Dio e nel riamare Dio e gli altri fino al dono totale di sé. Su questa via Gesù si pone davanti a noi come modello vivo e personale, con una forza di persuasione e una ricchezza di valori che trascende qualsiasi norma etica. Egli incarna la legge e la supera nell’amore. È la «via nuova e vivente» (Eb 10,20), «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Chi lo segue «non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12).
Meravigliosa rivelazione
[1233]  «Disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”» (Gv 14,6).
Il Signore Gesù è l’unica via per arrivare al Padre, perché è la rivelazione di Dio in questo mondo e la comunicazione della sua vita agli uomini. È la via, perché è anche la meta: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30).
L’originalità del cristianesimo è proprio questa: Dio si è fatto uomo e ci chiama a vivere eternamente con sé; si è donato nella storia, perché vuole donarsi nell’eternità. Le altre religioni intuiscono che esiste la divinità, sorgente misteriosa di ogni cosa; avvertono che, dopo la morte, ci deve essere un premio per i giusti e un castigo per i malvagi. Ma sono lontane dal pensare che Dio abbia condiviso personalmente la nostra condizione umana, legandosi a noi per sempre, e che il premio destinato ai giusti sia la partecipazione alla vita stessa di Dio.
CdA, 38
CONFRONTAVAI
Ottavo comandamento
[888]  L’ottavo comandamento “Non dire falsa testimonianza” chiama al servizio della verità. Proibisce, quindi, di tradirla nella relazione con gli altri, attraverso la menzogna, l’inganno, la calunnia, la maldicenza, la diffusione dell’errore, la violazione del segreto, l’uso distorto dei mezzi di comunicazione sociale. Le offese alla verità, con parole e azioni, denotano una mancanza di rettitudine morale e comportano una infedeltà all’alleanza con Dio, che è Verità.
CCC, 2464-2503CdA, 1144-1166
CONFRONTAVAI
Esercizio complesso
[912]  «Bada che la luce che è in te non sia tenebra» (Lc 11,35). La coscienza non è la norma suprema, ma la norma prossima; non è propriamente la parola stessa di Dio, ma la 23-444.pngsua eco in noi. Perciò non è infallibile. Può sbagliare nell’identificare i valori e ancor più nel discernere i singoli atti. Non basta dire: «Io seguo la mia coscienza». Prima di tutto bisogna cercare la verità. Per conoscere la verità sul bene morale, occorrono un cuore retto e un giudizio prudente. Vi è coinvolta la personalità intera: intelligenza, volontà, sentimento, esperienza, sapere e fede.
«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2). La coscienza deve essere educata e purificata. L’appello di Dio viene riconosciuto solo da chi sa ascoltare.
Se uno non vive quello che crede, finisce per credere quello che vive. «La coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine al peccato»
nota
Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 16.
. I valori appaiono deformati e sproporzionati, come un dito che, avvicinato all’occhio, appare enorme e quasi non lascia vedere altro. Occorre uno sguardo di fede limpido, aperto alla verità e all’obbedienza.
[913]  L’itinerario di formazione della coscienza retta si compone di molti elementi: ravvivare spesso la totale disponibilità alla verità e al bene; essere pronti a lasciarsi mettere in discussione; liberarsi da orgoglio, egoismo e affetti disordinati, pregiudizi e cattive abitudini; alimentare con la preghiera un atteggiamento di disponibilità allo Spirito Santo, che sostiene il nostro cammino spirituale con i suoi doni; coltivare la familiarità con la parola di Dio
nota
Cf. 2Tm 3,16.
; aderire al magistero del papa e dei vescovi; partecipare a una concreta esperienza ecclesiale; acquisire una sufficiente conoscenza dell’etica cristiana; informarsi accuratamente sui casi concreti e valutarli secondo criteri di fede, di carità, di conformità alla propria vocazione; consultarsi nelle scelte più importanti o più difficili con persone sagge e prudenti. Segno di rettitudine può essere la consolazione spirituale, risonanza vitale positiva della comunione con Dio. Ma la grazia non si misura con il sentimento. Anche la desolazione può venire da Dio.
La coscienza retta e certa
[914]  La coscienza impegnata seriamente nella ricerca del vero bene arriva ordinariamente a formulare un giudizio prudente sulla bontà o meno di una scelta. Si ha allora la coscienza retta e certa, alla quale si deve sempre obbedire, anche se obiettivamente fosse erronea e confondesse il bene con il male: «Nulla è immondo in se stesso; ma, se uno ritiene qualcosa come immondo, per lui è immondo» (Rm 14,14). Dio vuole che noi facciamo il bene così come lo conosciamo. La coscienza erronea in buona fede conserva tutta la sua dignità perché, pur sbagliando nell’identificare il bene concreto, si mantiene fedele alla volontà fondamentale di Dio, che comanda di fare il bene e di evitare il male. Ciò non toglie comunque che il male resti male e che l’errore possa causare danni.
CCC, 1790-1794
[915]  Quando invece la coscienza rimane dubbia, bisogna rinviare la decisione, altrimenti ci si rende disponibili a compiere il male. Se un cacciatore spara al bersaglio nell’incertezza che si tratti di un animale o di un uomo, diventa colpevole di omicidio, anche se effettivamente colpisce solo un animale. Tutto quello che non viene da una convinzione interiore in spirito di fede è peccato
nota
Cf. Rm 14,23.
.
Non si richiede tuttavia una certezza assoluta, impossibile da raggiungere nella prassi, ma solo una certezza prudente, che escluda il timore ragionevole di sbagliare. Anzi, anche quando non si riesce a risolvere il dubbio, si può almeno raggiungere una certezza pratica indiretta, ricorrendo a regole generali di prudenza come queste: finché non si prova il contrario si presume il buon diritto del possessore, dell’accusato, del superiore, di ciò che è tradizionale e ordinario, di ciò che è favorevole; una legge dubbia non obbliga, perché non è in grado di indicare il valore morale.
[916] A volte si verifica la situazione di coscienza perplessa, quando uno erroneamente pensa di essere tenuto a due obblighi incompatibili tra loro e di peccare qualunque cosa faccia. In tal caso, se la decisione non può essere rimandata, si deve scegliere ciò che sembra il male minore.
[917] Siamo responsabili davanti alla nostra coscienza, perché è il portavoce di Dio, ma siamo anche responsabili della nostra coscienza, perché deve essere educata.
Uso strumentale della comunicazione
[1146]  Si tratta di una malattia che ha radici antiche, anche se oggi si manifesta in forme inedite e complesse. Secondo il racconto biblico della torre di Babele, gli uomini, mossi da desiderio di potere, perseguono l’unità politica, economica, culturale e religiosa: un’unità monolitica, contraria alla volontà di Dio e alla dignità dell’uomo, che esigono invece il rispetto dell’originalità e della diversità delle persone e dei popoli. Il progetto fallisce nella confusione e nella discordia. La comunicazione non riesce quando è finalizzata al dominio, anziché alla comunione
nota
Cf. Gen 11,1-9.
.
A una conclusione analoga ci porta l’esortazione della Lettera di Giacomo nel Nuovo Testamento. Secondo questo testo, l’ambizione egoistica si infiltra come un veleno perfino nella comunicazione religiosa e provoca disordine, contesa, amarezza. Si parla di Dio in modo aggressivo; si pretende di lodarlo, offendendo il prossimo. Assurda contraddizione, come volere «far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara» (Gc 3,11).
L’inautenticità sembra dunque derivare da un uso strumentale dell’informazione. Si comunica non per incontrare gli altri, ma per prevalere su di loro, per conquistarli. Ciò induce diffidenza e bisogno di difesa. Di qui le tensioni nei rapporti interpersonali e sociali, le ambiguità, le divisioni. Numerosi disordini, più o meno gravi, sfigurano la comunicazione umana: incapacità di ascoltare e di parlare, diffusione di errori e falsi valori, menzogna, inganno, calunnia, maldicenza, violazione del segreto.
Veracità
[1149]  La veracità cristiana è contemporaneamente fedeltà alla dignità dell’uomo e alla verità. Il significato originario dell’ottavo comandamento si limita a proibire la falsa testimonianza contro il prossimo in tribunale
nota
Cf. Es 20,16.
; ma altri testi biblici estendono il divieto a qualsiasi frode che possa recar danno; anzi arrivano a riprovare la menzogna in genere, in quanto corrode l’affidabilità delle relazioni umane: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no» (Mt 5,37); «Il vostro “sì” sia sì, e il vostro “no” no» (Gc 5,12).
La veracità è anche fedeltà a se stessi, alla propria identità. Ognuno è chiamato a cercare, accogliere e praticare la verità. La libertà è per la verità, resistendo alla eventuale pressione contraria degli istinti e dell’ambiente sociale. Quando si tratta di testimoniare valori decisivi, come la fede in Dio, la coerenza deve essere mantenuta fino al martirio.
CdA, 888
CONFRONTAVAI